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Narcisismo 2.0: nuova moda primavera/estate 2018 ?

 

narcisista allo specchio

Navigando su internet e/o sui vari social media, non è difficile imbattersi in pagine tematiche sul narcisismo, create e sostenute per lo più da ex partner di narcisisti che si sostengono vicendevolmente in quella che può essere considerata a pieno titolo la nuova era dei gruppi di self-help, i gruppi di auto-aiuto 2.0. Gruppi che, purtroppo, non sempre beneficiano del supporto teorico-tecnico di un terapeuta (seppur virtuale) che svolga funzioni di moderazione e che indirizzi gli utenti verso le giuste informazioni nonché ai canali di supporto corretti. Se da una parte, infatti, l’idea del sostegno reciproco è sempre vincente, dall’altra la mancata conoscenza dei criteri alla base di una diagnosi di disturbo narcisistico di personalità, porta inevitabilmente alla confusione e alla generalizzazione, alla divulgazione di messaggi e informazioni talvolta anche fuorvianti. Ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte alla nascita di una “nuova moda” delle patologie psicologiche e che oggi, il narcisismo patologico sta alla società moderna, liquida (Bauman Z. 2011) come l’isteria stava alla società dell’epoca freudiana.

Giancarlo Dimaggio definisce il narcisismo come la “malattia della grande vita” proprio perché ritiene che la componente sociale abbia un peso non indifferente, come se la malattia in sé fosse (anche) un segno dei tempi che viviamo.

Viviamo in una società narcisistica, dove la cura di sé e la ricerca di perfezione sembrano essere i valori umani principali, una società in cui l’egocentrismo viene esasperato e l’altro non viene visto nella totalità del suo essere, ma solo in maniera strumentale alla soddisfazione dei propri egoistici bisogni, una società in cui ci si sente “obbligati al successo, allo scintillare e a risplendere.  (Perché) di obbligo si tratta, non esiste alternativa possibile” (Dimaggio, 2016).

“Siamo l’esercito dei selfie” recita il ritornello accattivante di un tormentone della scorsa estate; tutti alle prese con i nostri smartphone a condividere anche con sconosciuti il nostro profilo migliore e gli aspetti più invidiabili della nostra vita. Quelli peggiori li teniamo per noi, non li mostriamo agli altri, ce ne vergogniamo. Tendiamo a dare un’immagine perfetta e patinata delle nostre vite normali. Utilizziamo il filtro più elegante per dare luce e colore alla fotografia, ma spesso non riusciamo a fare altrettanto con la nostra vita reale, quella che viviamo al di qua dell’obiettivo della fotocamera. Sembra essere diventato più importante apparire piuttosto che essere, condividere un istante piuttosto che viverselo senza filtri, in intimità. Lo smartphone è diventato la metafora moderna del lago in cui si specchiava Narciso e dal quale è stato infine inghiottito a causa della sua eccessiva vanità, del suo smodato amore per se stesso. Ma siamo diventati davvero tutti Narcisi? E davvero il narcisismo è solo questo? Purtroppo no. Pensare che un tratto narcisistico da solo possa essere sufficiente a diagnosticare un Disturbo Narcisistico di Personalità, porterebbe all’errata conclusione che di questo disturbo ne sia affetta la maggior parte della gente che ci circonda.

Impariamo dunque a conoscere chi si nasconde dietro questa malattia, per non identificare i narcisisti soltanto con la manifestazione dei loro sintomi, ma per arrivare a pensarli come persone che soffrono a causa di una patologia che presenta diversi livelli di gravità e che pertanto vanno comprese nella loro totalità (Non bisogna confondere il narcisismo patologico con il narcisismo maligno in cui le vittime vengono vessate, umiliate, abusate, maltrattate e, nel peggiore dei casi, uccise). Lo psicoterapeuta Enrico Maria Secci, in un articolo (a mio parere ingiustamente) criticato del suo blog, sostiene che tutta questa divulgazione incontrollata potrebbe diventare pericolosa e portare alla rischiosa semplificazione della questione nella dualità “vittima-carnefice”, dove i “narcisisti rischiano di diventare le nuove streghe in un’era di Inquisizione Tecnologica e di essere “giustiziati” in massa” (Secci, 2017). Ovviamente questo non significa che i loro comportamenti, a volte al limite dell’abuso e della legalità, vadano giustificati, né è mia intenzione farlo: ci sono tantissime persone nel mondo con patologie psichiatriche altrettanto gravi che non commettono alcun atto criminale. La mia intenzione è quella di far scoprire il volto che si nasconde dietro alla maschera di perfezione che i narcisisti indossano per affrontare il mondo esterno. Maschera che inganna non solo gli altri, ma anche (e forse per primi) loro stessi. Facciamo insieme quindi il primo passo nell’abisso.

Ricordate: la conoscenza è fonte di potere.

Il Narcisista in stanza di terapia – criteri diagnostici:

I termini “Narcisismo” e “narcisista” sono entrati a far parte del linguaggio comune in maniera prepotente, per individuare in senso generico soggetti pieni di sé, sicuri, carismatici, assertivi e magnetici. La pratica clinica ci dimostra purtroppo che il narcisismo patologico è ben altro che questo e che le caratteristiche appena elencate non sono altro che la punta di un iceberg patologico che affonda la sua base in abissi ben più profondi e oscuri. Nel tentativo di rivalutare il “narcisismo sano” rispetto al suo alter-ego patologico, Craig Malkin (2016), docente all’Università di Harward, sostiene che, accanto alle forme più patologiche di narcisismo, ne esistano altre che possono essere considerate addirittura salutari per il raggiungimento di una vita più ricca e appagante. Propone una scala di valutazione, con valori compresi tra 1 e 10, dove agli estremi troviamo da una parte la mancanza di narcisismo e autostima e dall’altra il narcisismo assoluto, perverso. Individua al livello 5 il “livello sano di narcisismo”, un livello in cui le persone riescono a godere dei propri successi senza necessariamente utilizzare gli altri per raggiungerli ma le cui azioni riescono a far felici anche chi gravita intono a loro. Per poter inquadrare il narcisista nella totalità delle sue sfaccettature, è pertanto necessario passare anche attraverso la conoscenza dei sintomi individuati dalla comunità scientifica psicologica a scopo diagnostico.

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (2013) ha mantenuto il Narcisismo all’interno della classificazione dei disturbi di personalità. I criteri diagnostici proposti sono i seguenti:

[…] autostima instabile e fragile, con tentativi di regolarla per mezzo della ricerca di attenzione e di approvazione, oppure una manifesta o celata grandiosità. Difficoltà caratteristiche sono evidenti in: identità, auto-direzionalità, empatia e/o intimità (come descritto sotto) oltre che specifici tratti disadattivi nell’area dell’Antagonismo.

A. Moderata o più grave compromissione del funzionamento della personalità, che si manifesta con caratteristiche difficoltà in due o più delle seguenti quattro aree:

  1. Identità: Eccessivo riferimento agli altri per la definizione di sé e la regolazione dell’autostima, autovalutazione esageratamente alta o bassa, o oscillante tra questi estremi; la regolazione emotiva rispecchia le fluttuazioni dell’autostima.
  2. Autodirezionalità: Definizione degli obiettivi fondata sulla ricerca di approvazione da parte degli altri; standard personali irragionevolmente elevati, al fine di vedere se stessi come eccezionali, o troppo bassi basati sulla convinzione che “tutto sia dovuto”; frequente inconsapevolezza delle proprie motivazioni.
  3. Empatia: Compromissione della capacità di riconoscere o di identificarsi con i sentimenti e le necessità degli altri; eccessiva attenzione alle reazioni degli altri, ma solo se percepite come rilevanti per sé; sovra- o sottostima del proprio effetto sugli altri.
  4. Intimità: Rapporti in gran parte superficiali e intrattenuti con lo scopo di regolare la propria autostima; reciprocità ostacolata da un poco genuino interesse per le esperienze altrui e dalla predominanza del bisogno di un vantaggio personale.

B. Entrambi i seguenti tratti di personalità patologici:

  1. Grandiosità (un aspetto dell’Antagonismo): Manifesti o celati sentimenti che “tutto sia dovuto”; egocentrismo; ferma convinzione di essere migliori degli altri; “degnazione” verso gli altri.
  2. Ricerca di attenzione (un aspetto dell’Antagonismo): Eccessivi tentativi di attirare l’attenzione ed esserne al centro; ricerca di ammirazione.

Ma chi è il narcisista nella vita di tutti i giorni?

Al di là di quello che viene indicato nei manuali, quali sono i comportamenti assunti dai narcisisti nella vita di tutti i giorni? Come entrano in relazione col mondo esterno? Che tipo di background culturale e familiare hanno alle spalle? Iniziamo pertanto a tracciarne dei tratti generali che svilupperemo di volta in volta e in maniera più approfondita nei prossimi articoli.I narcisisti perversi sono individui completamente privi di empatia, abili manipolatori relazionali che, nei casi più gravi, causano consapevolmente dolore all’altro senza mostrare alcuna forma di rimorso, ma anzi godendo della reazione della vittima al loro comportamento sadico. La mancanza di empatia (insieme ovviamente ai criteri diagnostici che abbiamo visto) è ciò che contraddistingue il narcisismo patologico dai singoli tratti narcisistici che non arrivano a soddisfare i criteri per la diagnosi di disturbo di Personalità. Sono individui incapaci di riconoscere sentimenti e necessità altrui e che appaiono concentrati unicamente nella soddisfazione dei loro personali bisogni, di qualsiasi natura essi siano. La letteratura disponibile sull’argomento, ci descrive un passato di trascuratezza dei narcisisti, un contesto familiare disfunzionale, il più delle volte carente dal punto di vista emotivo e psicologico,  nel peggiore dei casi costellato da abusi fisici e/o sessuali e gravi traumi emotivi. Le ripetute esperienze frustranti col caregiver principale, creano delle “ferite narcisistiche” che concorrono alla creazione di particolari schemi operativi interni, i quali influenzeranno le aspettative dei futuri narcisisti sul mondo esterno e, di conseguenza, il loro modo di mostrarsi e relazionarsi agli altri (Dimaggio, 2016). Come se il narcisista indossasse delle lenti distorte che lo inducono ad avere una visione, o per meglio dire, una rappresentazione distorta della realtà che li circonda. Dunque uno scenario familiare in cui, a causa della trascuratezza e delle ripetute esperienze di rifiuto e abbandono, si sviluppano per compensazione delle fantasie narcisistiche di costante amore, ammirazione e approvazione da parte degli altri. L’altro possibile scenario familiare è invece quello di un bambino sempre soddisfatto e accontentato nelle sue esigenze (psicologiche, relazionali e materiali); tale esperienza familiare lo indurrà, da adulto, a credere erroneamente che le attenzioni e l’ammirazione altrui gli siano dovute a prescindere dal suo comportamento e che pertanto debbano essergli fornite costantemente senza che lui faccia il minimo sforzo per meritarle. Otto Kernberg è stato uno dei primi a dare una descrizione su base psicoanalitica del narcisismo: sostiene che, a causa della mancata integrazione delle rappresentazioni positive e negative di sé che lo caratterizzano (causate appunto da un caregiving carente), il narcisista sviluppa un Sé grandioso patologico che racchiude tutte le rappresentazioni grandiose di sé, e che lo porta a proiettare all’esterno le proprie rappresentazioni negative. L’altro da sé viene costantemente svalutato perché potenziale fonte di pericolo di invalidazione della propria immagine grandiosa introiettata, qualcuno da cui difendersi costantemente e con cui il coinvolgimento emotivo è molto difficile, ma non impossibile.

Anche i narcisisti hanno infatti bisogno di legami, esattamente come tutti, ma per paura di rimanerne feriti, così come hanno dolorosamente appreso durante la loro infanzia, li disprezzano e li svalutano. “Se non mi avvicino troppo non potrai farmi male” sembra essere il motto alla base della modalità relazionale utilizzata dai narcisisti. Ogni contatto umano stabilito è funzionale all’auto-affermazione, alla conferma dell’ideale di Sé che si sono costruiti e che, essendo falso perché fondato sull’autoinganno di essere perfetti, rischia di crollare sotto il soffio della critica più banale. Si mostrano pertanto arroganti e presuntuosi, ma il timore di fondo è che il loro trucco venga svelato e che la maschera che indossano per relazionarsi col mondo esterno crolli. In genere, quando questo accade e il loro gioco viene svelato, ne consegue un senso di vergogna e inadeguatezza che porta il narcisista all’isolamento. Non riescono a tollerare, infatti, la possibilità che gli altri possano scorgere le loro fragilità. L’autostima è infatti, come abbiamo visto, instabile e fragile: oscilla tra un senso esagerato di grandiosità e un altrettanto grande senso di inferiorità che deriva dalla facilità ad essere feriti dal giudizio degli altri.

La manipolazione è la strategia relazionale più utilizzata dai narcisisti, l’unico modo che conoscono per entrare in contatto con l’altro senza correre il rischio di esserne feriti. Lo scopo è quello di ricevere “rifornimento narcisistico”, ovvero conferma di sé, del proprio valore, della propria importanza, della propria influenza sugli altri. La ricerca di queste conferme è così importante per poter mantenere vivo l’autoinganno della propria perfezione, che spesso la manipolazione diventa abuso emotivo per lo stato di prostrazione psicologica in cui si ritrovano, loro malgrado, le vittime di abuso narcisistico. La mancanza di empatia e la convinzione che tutto ciò che fanno sia giusto, li porta a non rendersi conto del sadismo dei loro comportamenti e del danno psicologico che causano alle persone che gravitano intorno a loro. Anche quando arrivano a comprendere le conseguenze dei loro comportamenti sugli altri e chiedono scusa, lo fanno più per paura di perdere una delle fonti di rifornimento narcisistico che per reale contrizione e immedesimazione nei panni dell’altro. Hanno quindi bisogno di essere costantemente ammirati, pena il crollo della maschera che indossano, la distruzione del falso sé e la conseguente caduta nel baratro dell’isolamento e della vergogna.

A questo punto, una domanda potrebbe sorgere spontanea: di fatto, tutta questa diffusione di informazioni (compreso il mio articolo), quasi come ci si trovasse di fronte ad una moda dilagante del momento, non collude forse con il senso di onnipotenza dei narcisisti? Con la loro voglia di essere costantemente al centro dell’attenzione? Si potrebbe obiettare però che non sempre la descrizione che di loro viene fatta corrisponde all’immagine di perfezione e intoccabilità che loro stessi vogliono trasmettere.

La risposta ce la fornisce Oscar Wilde che, attraverso le parole del celeberrimo personaggio Dorian Gray, sostiene: “There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about”,ovvero “C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé”.

Pertanto non importa come: nel bene o nel male, l’importante per loro è che se ne parli.

Bibliografia:

APA American Psychiatric Association (2013) Trad. It. “DSM-5 Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali” Quinta edizione. Ed. Cortina

Bauman Z. (2011): “Modernità liquida”. Ed. Laterza

Dimaggio G. (2016) “L’illusione del narcisista. La malattia nella grande vita”. Ed. Baldini & Castoldi

Malkin C. (2016): “Che c’è di male nel sentirsi speciali?” Ed. Feltrinelli

Secci E.M. (2017): “Il narcisismo e la (dis)informazione in rete”; enricomariasecci.blog.tiscali.it

Autore:

Mi chiamo Serena Russo e sono una Psicologa-Psicoterapeuta di formazione sistemico-relazionale. Mi sono laureata presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" nel 2004 e sono iscritta alla sezione A dell'Albo degli Psicologi della Regione Lazio con n° 14505 dal 2006. Ho conseguito la Specializzazione in Psicoterapia Sistemico-Relazionale presso l'Accademia di Psicoterapia della Famiglia di Roma. Tra le altre attività di cui mi occupo, svolgo principalmente la libera professione come Psicoterapeuta individuale, di coppia e familiare. Da diverso tempo ormai, mi occupo prevalentemente di terapie con pazienti vittime di rapporti di coppia abusanti, vittime di abuso narcisistico e dipendenze affettive. Conduco gruppi di auto-aiuto sull'elaborazione del lutto, sulla gestione dell'ansia e di sostegno alla genitorialità, anche nei casi di separazione e divorzio. Collaboro con il "Gruppo Ictus Emiplegia Onlus" per il sostegno psicologico a pazienti colpiti da ictus ed anche alle loro famiglie. Realizzo corsi di formazione e di preparazione all'esame di stato per studenti laureandi e neo laureati in Psicologia in collaborazione con strutture ed enti accreditati.

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